Oggi, nella nostra rubrica del sabato dedicata alle Domande & Risposte, cerchiamo la soluzione a un quesito che Anna R. ci ha rivolto su Facebook.
“Lavoro come freelancer e collaboro con clienti, la cui sede è in Europa. Come mi comporto, non avendo ancora aperto la partita iva? Chi paga la ritenuta d’acconto?
Se il cliente è all’estero e non si possiede una partita iva, allora sulla prestazione occasionale grava la ritenuta d’acconto. Questo significa che il 20% del compenso lordo va versato all’Irpef.
Ipotizziamo dunque un lavoro di 100,00 € nel mese, allora 80,00 € vanno al freelance e la restante parte va versata. Di solito è il committente stesso che trattiene i 20,00 € dal pagamento, impegnandosi però a versarli all’Irpef (sostituto d’imposta).
Questo avviene normalmente se sia il cliente ha sede sul territorio italiano. Se invece il cliente ha residenza all’estero, ecco che non può fungere da sostituto d’imposta né tantomeno versare il dovuto all’Irpef in Italia.
Il lato positivo allora è che il freelancer riceverà il compenso pattuito per intero: nel caso dell’esempio riportato, 100,00 € tondi tondi. A questo punto però tutte le spese nonché l’iter burocratico ricadono sulle spalle del freelancer.
A questo punto, il consiglio è di conservare con cura tutte le ricevute relative a queste collaborazioni occasionali e consegnarle, a tempo debito, al commercialista di fiducia, che si attiverà per calcolare le tasse da pagare.
C’è un’ulteriore differenza tra il cliente estero e quello italiano, dal punto di vista di un freelancer. Quest’ultimo infatti, può ricevere un rimborso delle ritenute d’acconto che ha versato, nella dichiarazione dei redditi, se il suo committente è residente su territorio italiano. Cosa non possibile invece, se ha dovuto provvedere personalmente al pagamento delle stesse, lavorando con clienti all’estero.
Ricordiamo che la domanda della nostra mamma freelance fa riferimento a clienti con sede in Europa ma la stessa procedura resta valida anche per clienti extra-UE.